Aspetti evolutivi del diritto minorile

Niente può alterare lo splendore della gioventù.
Irène Némirovski, Due.

Saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto.
Vincenzo Cardarelli, Adolescente.



Solo negli ultimi decenni, l’ordinamento giuridico ha riconosciuto totalmente al minore i diritti della
personalità. Esso ha superato un’antica e radicata concezione, che vedeva nel bambino e
nell’adolescente un soggetto da addestrare e strutturare, in grado di raggiungere la piena capacità
giuridica soltanto al compimento della maggiore età (v. rappresentazione cartesiana).

.E’ “l’età che, in siffatta prospettiva, segna lo spartiacque tra due termini di grandezza”. 1 La capacità
giuridica si acquista al momento della nascita (art. 1 c.c.); la capacità di agire, al compimento del
18° anno di età (art.2 c.c.). Più aderente alla mutata realtà che valorizza la personalità del minore e
la sua individualità appare il riferimento alla capacità di discernimento: “Meglio rappresenta la
graduale acquisizione della maturità che consente al minore di compiere scelte autonome (…)”. 2
L’espressione “minore di età” non è sempre adottata dal legislatore: si parla talvolta di “bambino”
(ad es. inf. a 15 anni), tal’altra di “fanciullo” (espressione più poetica), tal’altra di “adolescente”
(minore di età tra i 15 e i 18 anni). Tutte nell’ampia accezione di minorenne. Mancherebbe figlio, o
figlio minore, per porre in risalto l’accezione di minore quale soggetto da educare nella società
primaria che è la famiglia. Rispetto all’istruzione, l’attività di educare è più ampia e coinvolge ogni
attività necessaria allo sviluppo del minore. E’ fondamentale che:

essa debba essere inserita in un contesto di tutela degli altri diritti del minore, quale quello dell’ascolto, avendo
riguardo alle inclinazioni del figlio ed essere svolta nel rispetto dei valori costituzionali. Il diritto di essere ascoltato e il dovere di tenere conto dell’opinione espressa, costituiscono, infatti, i due fondamentali pilastri sui quali poggia,
attualmente, il rapporto genitori figli. Conseguentemente, più che un diritto, l’ascolto dovrebbe essere un dovere del minore, atteso che soltanto esplicitando i propri pensieri, le proprie riflessioni, i propri sentimenti, i propri problemi, egli può esser certo di aver posto i genitori nella condizione e nel conseguente dovere di capire. 3

Anche se diventa difficile valutare le capacità del minore di non farsi condizionare visti i livelli di
frustrazione vissuti, in ambito psicologico le capacità logiche e le capacità deduttive vengono
considerate separatamente. L’adolescente segue il criterio del massimo vantaggio.
Data tale dicotomia legislativa tra capacità giuridica e capacità di agire, la gestione dei diritti della
personalità rischia di venire monopolizzata proprio dalle istituzioni primarie (famiglia). Non è un
mistero – come sottolineano la stessa giurisprudenza e la dottrina – che i diritti dei bambini vengono,
molto spesso, violati proprio dalle persone alle quali è demandato il compito di tutelarli.
Il primo manuale di diritto minorile appare solo nel 1965. (aspetti di diritto civile, penale,
processuale). Seguirà l’importante appuntamento della riforma del diritto di famiglia, ma non sono
ancora maturi i tempi per un diritto totalmente votato all’ascolto dei bisogni, richiamati così
autorevolmente in tutta la nostra Carta costituzionale.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
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1 Andrea Di Francia, Fabio Dallagiacoma, I diritti dei minorenni nella giurisprudenza. Milano: Giuffrè, 2008, p. 1.

2 Ibidem.
3 Ivi, p.278.


fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese”( art.3, commi 1e 2 Costituzione)

Torniamo indietro e pensiamo all’epoca moderna: ”Il ragazzo non conta nulla sul piano psicologico
e fisico è solo una speranza d’uomo: Voltaire riteneva normalissimo che i figli finissero in
orfanotrofio; Cartesio affermava fosse necessario liberarsi dall’infanzia come ci si libera dal male,
nelle scuole inglesi proliferavano i flagellanti”.4
Abbiamo fatto progressi. La nostra Costituzione,
che pure nasce in un contesto storico tra i più terribili della storia dell’Umanità, considera la vita
umana come costruzione della vita sociale: “La Repubblica, riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,
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4 Alfredo Carlo Moro, Manuale di diritto minorile, a cura di Luigi Fadiga, 4. ed. Bologna: Zanichelli, 2008, p.
8-9

e richiede i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.)
La persona rappresenta, quindi, il “fine supremo dell’esperienza comunitaria”.
Osserviamo gli adolescenti, quando improvvisano ruoli di adulti: sciolti da “freni inibitori”,
imitando modelli comunicativi distorti e ingannevoli, essi riescono a “denunciare” quell’enorme
bisogno di diritti di ogni essere umano, specie in evoluzione.
Abbiamo percorso un significativo tratto di strada, dalla “banalità del male” (l’enigma di Hannah
Arendt) al rispetto dei diritti umani, all’evoluzione normativa e legislativa. Tuttavia, gli adolescenti
si richiudono nei loro “ruoli”, non si sentono ascoltati, non ascoltano, aggrediscono verbalmente, si
sentono protetti solo dalla forza motivante del gruppo.
Le scienze umane comprendono l’adolescente, ma l’adolescente si sente compreso dalle istituzioni?
Emerge, purtroppo, un’inadeguatezza delle nostre istituzioni: a differenza di altri paesi europei,
siamo lontani dal realizzare un vero e proprio organo di garanzia dei diritti dell’adolescenza..
Se vero che “ogni morte di uomo mi diminuisce perché io partecipo dell’umanità“ (come scriveva
John Donne), la solidarietà è fondamentale proprio per ridurre le onnipotenze e consentire un
“autentico incontro di vita con vita” e diritti effettivamente garantiti.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fattola libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese” (art. 3, commi 1-2, Cost.).
I “nuovi malati sociali del domani” sono i poveri della nostra società. Meritano di essere ricordate
le parole di Aldo Moro:

Una Costituzione la quale, dopo aver affermato che ragion d’essere e criterio di misura di ogni potere e attività sociale

è l’uomo, omettesse di garantire il diritto e il raggiungimento della libertà responsabile dell’uomo cosciente di sé e del

mondo, sarebbe in contrasto con se stessa.5

ADOLESCENZA E AUTONOMIA NEI RAPPORTI GENITORI E FIGLI

Prima di comprendere ciò che il legislatore ha voluto realizzare con una normativa più rispondente
all’interesse del minore, è doveroso “spulciare” almeno un po’ tra i prodotti della letteratura
riguardante l’adolescente, cercando anche di capire se chi scrive degli adolescenti, come chi è
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5 A. Moro, Relazione su i principi dei rapporti sociali (culturali), in La nascita della Costituzione: relazioni e proposte presentate nella Commissione per la Costituzione, I Sottocommissione, , [consultato in data 25 maggio 2010]

addetto alla sua tutela, o peggio coloro che li sfruttano come destinatari primi di certe informazioni,

  • ha mai provato ad ascoltare e comprendere 25 adolescenti insieme per un intero mese e
    diverse ore al giorno;
  • è riuscito sempre a decodificarne il linguaggio, a capire le loro smorfie, i loro corpi
    tormentati (e non certo solo per le mode);
  • ha potuto cogliere e gestirne continuamente i comportamenti senza mai poterli prevedere;
  • ha saputo leggere la loro tristezza e solitudine e il loro infinito bisogno di attenzione con la
    consapevolezza ma anche l’impotenza dell’adulto;
  • ha percepito i loro atteggiamenti dettati dall’inconscio;
  • è stato in grado di regalare loro qualcosa per cui valga la pena costruirsi una motivazione per
    non sprofondare in angoscia e frustrazione’ , o peggio in scelte dannose;
  • ha saputo spiegare che ci sono un’anima, un corpo, una mente, che andrebbero sottoposti a
    “terapie intensive”’ ed educarli all’ascolto di loro stessi per reagire positivamente senza
    incolpare l’altro;
  • ha capito che le incapacità si trasformano in aggressività verso sé stessi e gli altri;
  • ha compreso i loro silenzi e il loro continuo parlare;
  • ha sopportato le loro ansie da prestazioni senza restarne travolto

Il linguaggio è metalinguaggio, il corpo parla, l’esasperazione distruttiva è il risultato di ciò che
l’adolescente percepisce come sua incapacità. Mentre noi ci interroghiamo su quella sua rabbia,
egli pensa: “neanche gli adulti rispettano le regole; sono loro che sbagliano”. L’adolescente
s’illude sempre, ma si “delude” anche tanto e, non avendo risorse per reagire, attacca o se stesso
o gli altri: “Odio dire le bugie, ma lo faccio perché non mi permettono di dire la verità. Anche
gli adulti spesso fingono…”.
Scrive Bettelheim: ӏ destinato a fallire quel genitore che segue un piano predeterminato, basato
su spiegazioni o consigli che altri gli hanno dato su come trattare il figlio”.6
Il mestiere di
genitore dunque non è un dato acquisito, è sufficente che sia “quasi perfetto”. Se il diritto è
anche relazione umana, perché non renderlo più semplice e spiegarlo ai ragazzi con il conforto
delle istituzioni? Perché non parlare ai ragazzi di diritto più in senso generalizzato che come
materia di insegnamento? Perché il diritto non apprende il linguaggio degli adolescenti?
La pedagogia definisce “logico formale” quella capacità di distinguere il pensiero dalla realtà,
un po’ come la nostra distinzione giuridica tra capacità di intendere e volere: tra l’intendere e il
volere degli adolescenti c’è l’abisso
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6 Vedi Gli interventi sulla genitorialità nei nuovi centri per le famiglie: esperienze di ricerca, a cura di Marisa
Malagoli Togliatti, Mimma Tafà. Milano: Franco Angeli, 2009, p. 20

E’ ambizioso il progetto di creare una città adatta agli adolescenti? Se la comunicazione è per
definizione un rendere possibile il ”rapporto umano”, e la “cultura un sistema di idee che
struttura il soggetto”, entrambe sono inscindibilmente legate in un continuo divenire.7
È ben
noto dalle scienze umane che l’adolescenza è considerata l’esperienza di transizione verso
l’uomo adulto. Erikson (1968) definisce la costruzione dell’identità come un processo attraverso
cui l’adolescente si impegna a trovare un proprio stile di vita e a instaurare relazioni stabili
all’interno dell’ambiente sociale. Erikson parla di crisi di identità per definire il tentativo di
superamento dell’ambivalente adolescenza, per approdare ad un’identità stabile, coerente e
separata dagli altri. Compito dell’adolescente è quello di acquisire un senso stabile di identità,
nella misura in cui è consapevole della propria individualità, dei propri obiettivi e delle proprie
potenzialità. Si mettono in discussione molte certezze consolidate, si cerca una maturità che
porti a prendere delle decisioni consapevoli sul proprio futuro. E’ fondamentale, in questa
ricerca, il giudizio del mondo degli adulti. Infatti, la madre, che sin dalla tenera età simboleggia
non solo la famiglia ma anche la società, deve essere capace di trasmettere al figlio quella
fiducia verso gli altri e la vita che è necessario per il processo di crescita. Sono tipiche, negli
adolescenti, frequenti crisi di identità, quasi che volessero essere esattamente il contrario di ciò
che dovrebbero essere. Si scatena quell’ ansia normativa dovuta alla problematicità scaturente
dalle difficoltà di affrontare nuovi impegni e nuove situazioni: sperimentano il loro
appuntamento generazionale. Dopo un periodo di esplorazione e sperimentazione di diverse
alternative, tendono, infatti, a essere più flessibili e sereni, avendo finalmente acquisito
maggiori capacità di discernimento. Per esempio, pur sentendosi fondamentalmente integrati in
un gruppo, sperimentano anche desideri di fuga. Lo sviluppo dell’identità può essere visto in
generale come la produzione di cambiamenti grazie alla qualità dell’impegno profuso. Impegni
forti sono positivamente correlati a buone capacità decisionali, avendo comunque l’adolescente
sperimentato sensazioni e disagio da panico predecisionale. Studi empirici confermano la
validità e l’utilità del costrutto eriksoniano di sviluppo dell’identità. Diversi autori definiscono
l’identità come quel sentimento coerente del proprio significato (sentire il sé) . Si evidenziano,
empiricamente parlando, diversi percorsi di strutturazione della propria individualità (per
esempio, si scelgono le proprie ideologie di riferimento, la propria religione, i propri stili
relazionali e le proprie scelte sul futuro). Tali processi vengono definiti crisi e impegno.
L’esplorazione descrive il processo di sperimentazione del ragazzo sulle questioni importanti
della propria vita.
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7 Luisella de Cataldo Neuburger, Guglielmo Gulotta, Sapersi esprimere: la competenza comunicativa, 2. ed. Milano:
Giuffrè, 2009

Si afferma dunque che l’identità adolescenziale, se costruita dal soggetto stesso, non è l’identità
definitiva. Vengono individuati quattro stati dell’identità: acquisizione dell’identità, moratorium,
blocco dell’identità e diffusione dell’identità. Chi si trova nello stato di acquisizione dell’identità ha
esplorato possibili alternative. Chi si trova nello stato definito di moratorium esplora le possibili
alternative, ma non prende una decisione importante. Purtroppo, chi invece si trova nello stato del
blocco dell’identità non ha esplorato alcuna alternativa. E a chi si trova nello stato di diffusione di
identità, manca la capacità di impegnarsi seriamente in scelte importanti. E’ chiaro che soltanto ad
alti livelli di impegno l’adolescente raggiunge non soltanto un buon grado di adattamento
psicologico e sociale, ma anche una buona e soddisfacente immagine di sé, realizzata in una
costruzione di discrete relazioni sociali. Il sé rappresenta l’origine del comportamento che
l’adolescente sviluppa, il nucleo attorno al quale si organizzano gli scopi e i piani di azione
dell’individuo. La rappresentazione del sé si configura come concetto del sé. L’adolescente è infatti
in grado di provare una crescente consapevolezza della propria identità, di formulare valutazioni, di
confrontarsi con giudizi altrui, di differenziare il sé reale dal sé possibile, di riflettere quindi su
concetti come realtà e vincoli ai propri comportamenti.
Con l’età della formazione inizia a emergere una rappresentazione del sé basata su aspetti interiori,
di carattere psicologico, che rappresentano astrazioni inerenti il sé sotto forma di convinzioni,
speranze, emozioni e motivazioni. Specie le ragazze si descrivono come sensibili, affettuose,
volubili, introverse, non sempre tolleranti. E’ a questo punto che i ragazzi possono volgere lo
sguardo verso l’interno, secondo modalità che Rosemberg (1979) paragona a quelle del clinico di
matrice freudiana, ed esplorare quelle dimensioni del sé che non sono visibili agli altri, ma che
appartengono a una realtà profonda, misteriosa. Lo sviluppo cognitivo adolescenziale comporta,
quindi, una maggiore conoscenza sia della propria interiorità, sia di quella degli altri. Mentre il
bambino è più realista, perché considera gli altri in relazione a ciò che fanno, non avendo capacità
per immaginare l’interiorità altrui, l’adolescente è maggiormente in grado di immaginarsi gli stati
interni degli altri e si comporta in relazione a queste rappresentazioni, si immedesima nelle
situazioni vissute dall’altro e fonda le relazioni amicali sulla condivisione di esperienze e
sentimenti. È chiaro che, più della famiglia, i gruppi dei pari si presentano come un sostegno
strumentale ed emotivo (soprattutto quest’ultimo), in grado di influenzare la costruzione della
propria reputazione e della propria visibilità sociale. Attraverso la presa di coscienza dei propri
limiti e delle proprie risorse, l’adolescente giunge a definire se stesso e il proprio futuro.8
I diritti
dovrebbero essere dunque maggiormente collegati ai doveri, per dar voce ai bisogni più profondi
dell’animo umano. “In interiore homine habitat veritas”: anche la comunicazione emotiva, più
empatica, più immediata ha un diritto di cittadinanza nella realtà sociale. Nessun rimedio è
assoluto, ma forse, in termini relativi, neanche facile da applicare, se alla base della crescita
formativa c’è un inascoltato bisogno affettivo. Un autorevole filosofo del diritto sostiene che la
società di oggi è disposta a farsi carico del problema con gli specialisti della patologia (i giudici, i
medici, gli psichiatri, gli avvocati), quando si è già realizzato il fallimento. Egli chiede “aperture di
credito” alle scienze sociali e psicologico-forensi e psicopatologiche, perché idonee a supportare
correttamente gli operatori del diritto, aiutandoli a meglio comprendere e gestire “quei filtri
inevitabili delle distorsioni comunicative e relazionali, ignote anche agli addetti ai mestieri. Si
apprende sempre prima in senso emotivo che cognitivo.
Non si possono sottovalutare, come anche insegna la psicopatologia forense, “elementi di
immaturità comunicativa, di ideazione quasi magica, di risposte ad alto tasso di suggestionabilità,
incapacità e difficoltà nel separare l’ IO dal NON IO, il soggettivo dall’oggettivo, l’accaduto
dall’immaginazione”.9
Se si esercita, per esempio, sull’adolescente un certo potere, (Cass. Pen. Sez.
III, 6.3.2003 e 23.5.2007 ), il racconto è molto condizionato. Invece, se le richieste avvengono in
modo da lasciare ampio spazio alla spontaneità (senza effettuare domande troppo specifiche),
l’adolescente può esprimere una narrazione anche più accurata di quella di un adulto (memoria
dichiarativa). Infatti, non si può non tener conto dei dati scientifici che distinguono, per esempio, la
memoria episodica da quella autobiografica, che oltretutto è contagiata da quella semantica, la
quale, a sua volta prevale su quella implicita e dichiarativa. I ragazzi, anche se già in età
adolescenziale, e quindi più abili nelle diversificazioni, fanno ancora confusione. Anche se
nell’adolescente cresce, come dice la legge, la capacità di discernimento, ed egli percepisce
progressivamente l’adulto nella sua autorevolezza, il risultato è oltremodo viziato dalla reattività
ansiogena che l’intervento esterno induce. Nell’adolescente più che mai, la “costruzione” delle
argomentazioni è caricata da suggestività emotiva e ansiogena. Pertanto, l’età adolescenziale è più
complessa nella gestione che non la stessa infanzia, laddove il Sé comunque non ha raggiunto la sua
identità, per non dire poi di tutti quei meccanismi psicologici relazionali complessi e conflittuali che
possono nascondere falsità reali e non, che possono condizionare il risultato; anche gli adolescenti
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8 Alida Lo Coco, Ugo Pace, L’autonomia emotiva in adolescenza. Bologna: Il mulino, 2009, p.22-549.
9 Ugo Fornari, Trattato di psichiatria forense, 4.ed. Milano: Utet, 2008, p. 656.

usano come i bambini la parola “no” diversamente dal significato comune di negazione.
L’oggettività della situazione, così come i tempi, vengono modificati dalla soggettività
adolescenziale .Certo è che non necessariamente la memoria cosciente e la memoria emotiva
(amigdala) si condizionano: ma l’emozione condiziona la consapevolezza del sapere. Esiste poi tutto
ciò che di rilevante è attribuibile, nel senso sempre emotivo, alla comunicazione non verbale. I
ragazzi adolescenti immagazzinano radicalmente i vissuti emotivi, specie se “vissuti” in contesti
problematici. La ripetizione è per esempio motivo di distorsione del ricordo anche negli
adolescenti, gli adolescenti “scappano via” da domande troppo frontali, ma anche troppo
inquisitorie.
L’adolescente può essere troppo sviluppato da un punto di vista intellettivo e troppo poco;
argomenta troppo o troppo poco.
L’adolescente può essere molto suggestionabile dall’autorevolezza dell’adulto, perché molto fragile.
Egli ha subito “l’autorevolezza” emotiva e non soltanto “l’indottrinamento” del genitore, e
subisce con profonda sofferenza (che porta a devastazioni psicologiche) il conflitto genitoriale. Le
negazioni invece posso consistere in:

  • “scappare via” dagli eventi ansiogeni e quindi produrre incertezze e confusione: “No, non lo
    so, non voglio andare dallo psicologo, no perché non mi interessa niente …”;
  • rifiuto quasi totale di comunicare: in questo caso solo la comunicazione non verbale può
    parlare (il braccio sinistro sul tavolo piuttosto che il destro);
  • un’affermazione e subito dopo una negazione dello stesso fatto;
  • o nascondersi dietro un paravento e contestare sempre.
    L’adolescente si esprime in comunicazione solo verbale o solo non verbale. Si esprime soprattutto
    nel processo e meno nei contenuti ( utili i riscontri delle perizie sistemiche). Si esprime.

LA ROTTURA DELL’UNITA’ FAMILIARE E L’AFFIDAMENTO CONDIVISO DEI FIGLI

In applicazione dei principi costituzionali e codicistici ricordati, il 16 marzo 2006 entra in vigore la
nuova legge sull’affidamento condiviso ( l.54/2006). Con le nuove disposizioni sono state introdotte
importanti modifiche all’art. 155 c.c e all’art. 708 c.p.c.
Il capo IV del titolo VI del C.C. tratta “dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio”.
Occorre ricordare innanzitutto la Costituzione in materia:
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti
dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.(Art. 29 )

  • la disposizione dell’art. 30 comma 1, il quale sottolinea che i genitori hanno prima un
    dovere poi un diritto all’educazione dei figli: i minori sono titolari di un diritto naturale alla
    bi genitorialità;
  • la disposizione dell’art. 30 comma 1, che – affermando il dovere dei genitori di mantenere
    educare e istruire i figli “anche se nati fuori dal matrimonio” – riconosce l’inaccettabilità di
    ogni discriminazione tra figli a causa dello status dei genitori;
  • la disposizione dell’art. 31 comma1, con cui la Repubblica si impegna “ad agevolare con
    misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei
    compiti relativi”, funzionale a quello sviluppo umano dei figli, tipico del favor minoris;
  • la disposizione dell’ art. 31 comma 2, che impegna la Repubblica a proteggere “la maternità,
    l’infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo” ( al favor minoris
    aggiunge il favor familiae).
  • Il legislatore costituente inserisce dunque il favor minoris nel quadro generale di
    promozione dei diritti umani;
  • Inoltre:
    art. 143, c.c.– “Diritti e doveri reciproci dei coniugi” – “Con il matrimonio il marito e la moglie
    acquistano gli stessi diritti ed assumono i medesimi doveri “(Costituzione, artt. 29, 30). “ “Dal
    matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla
    collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti,
    ciascuno in relazione alle proprie sostanza e alla propria capacità di lavoro professionale o
    casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”;
    art. 145, c.c.- “Intervento del giudice “- “In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere,
    senza formalità, l’intervento del giudice, il quale, sentite le opinione espresse dai coniugi e, per
    quanto opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di
    raggiungere una soluzione concordata”;
    art. 147, c.c. – “Dovere verso i figli” – “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di
    mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e
    delle aspirazioni dei figli “(30 Cost.).
    In sintesi:

Art 155, c.c. – “Provvedimenti riguardo ai figli” – “Anche in caso di separazione personale dei
genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con
ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione
personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento
all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori
restino affidati ad entrambi i genitori, oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati (…),
determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando inoltre la
misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione
e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti
tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggior interesse per i figli
relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto
elle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la
decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle questioni di ordinaria amministrazione, il giudice
può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente”.(articolo così sostituito dall’art. 1,
della L.8 febbraio 2006,n.54)
art.2, L.54/2006 “Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di
cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio , nonché ai procedimenti relativi ai figli di
genitori non coniugati”.
Il giudice, mentre di norma affidava il figlio in via esclusiva a quello dei genitori (solitamente alla
madre ritenuta più idonea), adesso in applicazione dell’acquisito diritto alla bigenitorialità ( a mio
avviso già presente nell’impalcatura della Costituzione) dovrebbe considerare come priorità
l’affidamento condiviso (da eccezione diventa regola primaria). Con tale espressione la legge
separa il rapporto di coniugio dal rapporto genitoriale: rafforza il concetto di soggettività giuridica
minorile inteso come appunto autonomo diritto del figlio di genitori separati a ricevere affetto,
mantenimento, cura, educazione, istruzione.
Nel caso in cui l’affidamento condiviso non sia possibile, e che tra i coniugi si determini un
contrasto o un conflitto variamente orientato circa l’affidamento dell’uno o l’altro dei figli minori, il
giudice istruttore dispone consulenza tecnica.
E’ doveroso ricordare:
Art. 150 c.c.-”Separazione personale” – “E’ ammessa la separazione personale dei coniugi”.
“La separazione può essere giudiziale o consensuale.
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o la omologazione di quella consensuale spetta
esclusivamente ai coniugi”.
.Art 151 c.c “Separazione giudiziale” – “La separazione può essere chiesta quando si verificano,
anche indipendentemente dalla volontà di uno dei coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la
prosecuzione della convivenza o da creare grave pregiudizio alla educazione della prole Il giudice,
pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei
coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai
doveri che derivano dal matrimonio”.
Art 154 c.c “Riconciliazione”(conciliazione) – “La riconciliazione tra i coniugi comporta
l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta”.
Art 158 c.c Separazione consensuale – “La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha
effetto senza l’omologazione del giudice.
Quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in
contrasto con l’interesse di questi, il giudice riconvoca i coniugi e indica loro le modificazioni da
adottare nell’interesse dei figli, potendo allo stato rifiutare l’omologazione”.
. Relativamente a quest’ultimo caso, sarebbe stato opportuno prevedere un’ipotesi di ascolto del
minore (recuperabile in generale, a mio avviso, dal coordinato disposto delle norme costituzionali
italiane e convenzionali internazionali), seppur nelle “more” di una mancata omologazione di
separazione consensuale.
L’obbligo di valutare prioritariamente la possibilità di affidare ad entrambi i genitori il minore
stabilisce una gerarchia tra le due opzioni.10 In via secondaria il minore può essere affidato ad un
solo genitore in via esclusiva.
Dopo l’art 155 c.c., come sostituito dal 1 comma del seguente articolo,sono inseriti i seguenti:
art 155 bis c.c.” Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso”-Il giudice
può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento
motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”(solo laddove ci siano
problematiche gravi o un insanabile permanente conflitto, essendo obbligo del giudice far salvi, per
quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’art 155, ivi compreso il diritto di
mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con il genitore non affidatario; solo l’eventuale
decadenza della potestà di un genitore può far venir meno tale principio).” Ciascuno dei genitori
può, in qualsiasi momento , chiedere l’affidamento esclusivo al genitore istante , facendo salvi, per
quanto possibile i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda
risulta manifestamente infondata , il giudice può considerare il comportamento del genitore istante
ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma
l’applicazione d3ell’articolo 96 del codice di procedura civile”. Insomma, c’è da considerare una
responsabilità genitoriale che consegue per il fatto stesso di aver generato un figlio e, sembrerebbe
scontato, il figlio è portatore di un insopprimibile diritto ad avere rapporti affettivi con entrambi i
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10 Maria Grazia Domanico, L’ascolto del minore nei procedimenti civili: relazione al seminario della camera minorile
di Milano del 24/06/2008

genitori. DUE sono i genitori biologici, indipendentemente dai rapporti felici o pessimi che si
possono avere con uno o l’altro. DUE e più sono le prospettive relazionali e comunicazionali entro
le quali il soggetto agente si muove, diverse le prospettive relazionali-sistemiche, forte l’empatia in
ambito familiare. Pensiamo a cosa si scatena in un figlio quando la relazione genitoriale o è carente
o totalmente assente. Nel 2005 i minori coinvolti in separazione e divorzio in Italia sono stati
85.908, quasi tutti in età evolutiva, quindi ancora psicologicamente ed emotivamente vulnerabili.
E anche laddove si compie serenamente il divorzio legale, il divorzio psicologico persiste e dai figli
non si divorzia. Tutte queste non sembrano argomentazioni a favore o contro l’affido condiviso: tra i
genitori si “scatenano” spesso guerre nelle quali l’adolescente viene coinvolto in una logica
ricattatoria, utilizzata dallo stesso magari per soddisfare bisogni di compensazione. Dalle
lacerazioni di coppia possono uscire comunque dei validi genitori: gli adolescenti sanno apprendere
la relatività della vita se i modelli di riferimento sono coerenti anche se diversi. Papà arroccati in
fragilità narcisistiche, madri sempre più in crisi emotiva, genitori insicuri che proiettano sui figli
aspettative: spesso la separazione diventa l’unica via d’uscita all’incapacità dei genitori di elaborare
il conflitto. Altro che affido condiviso: a nessuno dei due dovrebbe essere affidato il figlio.11 Le
prime esperienze di applicazione della riforma hanno mostrato che la giurisprudenza è riluttante ad
accettarne “l’esplosione innovativa”. Nel precedente affido congiunto non era ancora chiaro questo
ruolo del minore come soggetto del diritto. ”Prima di separarsi occorrerebbe costruire insieme la
separazione”.12 Tutto ruota intorno il nodo della conflittualità. Riemerge il povero individuo che non
sa rinunciare a se stesso e non riesce ad amare in modo meno conflittuale. L’essere buoni genitori
aiuta a pensare che le costruzioni importanti possono durare tutta una vita, la capacità di credere
nella possibilità di aiutare l’altro rafforza il senso della stabilità e della realtà.

LA FAMIGLIA DI FATTO

Il riferimento normativo principale che la famiglia riceve nella costituzione è l’art.29. Ci sono
diversi orientamenti. Secondo alcuni, è una norma vincolante ed esclusiva: non esiste famiglia, né
diritti e doveri riconosciuti. Secondo altri, si costituirebbero dei nuclei naturali, che
comporterebbero interessi e valori rilevanti costituzionalmente (pensiamo proprio alla filiazione) e
anche diritti e rapporti socialmente utili. Nella stesura definitiva si decise di eliminare (troppo
compromettente) l’aggettivo indissolubile, e si mise un punto a matrimonio. La vittima fu proprio la
———-
11 Vedi i noti orientamenti della Scuola della tutela del minore (Milano), della Scuola per l’ avvocato del minore e della
famiglia (Torino), del Cesdif- Scuola del diritto della famiglia e del minore (Rimini).
12 Anna Oliverio Ferraris, Dai figli non si divorzia: separarsi e rimanere buoni genitori, 2. ed. Milano: Rizzoli, 2005.

povera “famiglia di fatto”, sacrificata sull’altare dei compromessi tra le opposte forze in campo. La
famiglia che gode del favor legittimitatis è dunque quella fondata sul matrimonio. Certo, non è
consigliabile escludere la famiglia di fatto dal numero delle formazioni sociali espressamente
tutelate dall’art. 2 della Costituzione: ciò, tutte le volte che l’unione libera dei genitori assicuri le
funzioni di mantenimento, istruzione ed educazione della prole in forme più responsabili e più
efficaci di quante ne potrebbe garantire un adempimento dei doveri dei genitori fuori da qualsiasi
struttura di genere familiare (la famiglia di fatto viene considerata quanto meno in funzione della
prole).13
Secondo un’interpretazione costituzionale favorevole a dare spessore alle formazioni sociali, è da
attribuire alla “famiglia” non un significato astratto e assoluto, ma riconoscerle valore sociale in
quanto i soggetti sviluppano le loro personalità; verrebbero meno altrimenti le garanzie
costituzionali.
Se si qualifica l’aggettivo naturale, collegato nell’art.29 al concetto di famiglia, alla società
familiare nel suo sviluppo storico, è plausibile e fondato affermare che l’art. 29, 1° co., può
comprendere oltre alla compagine fondata sul matrimonio anche quella adottiva e quella naturale o
di fatto. La stessa giurisprudenza ha riconosciuto che: il nucleo originale della convivenza more
uxorio, pur non presentando i caratteri formali della famiglia legittima, appare pur sempre, stante la
sua funzione di gratificazione affettiva e di solidarietà sociale, come una formazione sociale che
consente il processo di sviluppo e di crescita della persona. L’identificazione può avvenire
considerando la formazione di cui all’art. 2 come il genus e la famiglia come la species. Non è forse
espressione di vicende umane tale famiglia?

NORMALITA’ FAMILIARE (?)

Clinica-Ideale-Statistica-Processuale
Processo di equiparazione
FAMIGLIA DI FATTO——————————-FAMIGLIA DI DIRITTO
RAPPORTO
RELAZIONE FAMILIARE
FIGLI

Differenze tra famiglia riorganizzata e famiglia biologica:

Fattori strutturali Famiglia riorganizzata Famiglia biologica
Figli nati prima Almeno uno Solitamente nessuno
della seconda unione
———-
13 Saverio Asprea, La famiglia di fatto, 2 ed. Milano: Giuffrè, 2009, p. 7-24

Il favor legittimitatis lascia porte aperte importanti alla famiglia di fatto in ambito costituzionale,
soprattutto per ciò che riguarda una piena e totale equiparazione del figlio legittimo al figlio
naturale; anzi, questa distinzione non dovrebbe esistere più perché rimasta solo terminologica. Tutti
i riferimenti costituzionali in tal senso riguardano ogni nucleo familiare legittimo e non legittimo.
Secondo la prevalente dottrina, tale equiparazione non avviene però alla luce dell’art 31 che resta
solo per la famiglia legittima ( dubbi di interpretazione costituzionale?). Viceversa, la previsione di
intervento da parte dello stato per “proteggere” la maternità, l’infanzia e la gioventù, va estesa a
tutte le famiglie analogamente a quanto avviene per gli interventi considerati negli articoli 34, 36, 37.
Purtroppo, si evidenziano non solo problematiche di tipo sostanziale, ma anche procedurale. Il
conflitto è stato risolto dalla Suprema Corte, che con ordinanza 3 aprile 2007, n. 8362 e con
successiva ordinanza conforme 21 giugno 2007, n. 19406 ha affermato la competenza del tribunale
per i minorenni non solo per decidere sull’affidamento del figlio naturale ma anche per gli aspetti
relativi al suo mantenimento. Nella motivazione, la Corte ha precisato che la legge n. 54/2006 ha
“riplasmato” l’articolo 317 bis C.C. sul presupposto che l’art. 38 disp. att. non è stato abrogato dalla
novella, per cui, in applicazione del principio della concentrazione delle tutele quale aspetto
centrale processuale della ragionevole durata del processo, si è determinata un’attrazione in capo
allo stesso giudice specializzato della competenza a .provvedere altresì sulla misura e sul modo con
cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento del figlio.
Pertanto, se la competenza a decidere sull’affidamento del figlio nel caso di frattura della coppia
coniugale spetta al tribunale ordinario (nell’ambito del procedimento di separazione o divorzio),
quella sull’affidamento del figlio di genitori naturali spetta invece al tribunale per i minorenni, su
ricorso del genitore interessato ( sempreché il genitore interessato ricorra).
E’ chiaro che per il figlio naturale c’è una giurisdizione speciale, anche se le garanzie processuali
sono maggiori nel giudizio davanti al giudice ordinario; è vero infatti che persistono anomalie
procedurali che complicano ulteriormente le anomalie sostanziali.. Ci si augura, vista la
considerevole crescita esponenziale delle problematiche minorili, che da parte dei giudici minorili,
o che comunque si occupano di questioni minorili, venga un contributo significativo, che metta la
loro esperienza, a servizio della creazione di un unico tribunale per il minore.14 Un effetto
dirompente, comunque: la famiglia legittima non si presenta più inviolabile, perfetta, unica e
riconoscibile tra le strutture sociali e primarie; per essa non solo non vale più il sillogismo ‘validità
assoluta, quindi intangibilità ed indissolubilità’, ma neppure la caratteristica dell’unicità tra i
fenomeni familiari, quindi esclusività di tutela. C’è stata come la “rivoluzione keynesiana”, una
rivoluzione nella società civile che il sistema istituzionale non ha avvertito. E’ pieno il nostro
ordinamento giuridico di riconoscimenti ufficiali delle situazioni di fatto. Perché la famiglia, come
———-
14 Gabriella Contiero, L’affidamento dei minori: condiviso, esclusivo, a terzi […]. Milano: Giuffrè, 2009, p. 20.

società naturale e sociale, non trova ampio riconoscimento normativo, visti tutti i suoi supporti
costituzionali? Torna la psicologia forense (e non solo) al servizio del diritto. Non sono
condizionamenti solo soggettivi ed emozionali di certa dottrina e di certa giurisprudenza: il mondo
giuridico nelle sue interpretazioni di tipo autentico, teleologico e giudiziario deve acquisire sempre
più competenze costituzionali. Ma perché i figli non sono completamente equiparati?
Nessuno stato, si diceva infatti autorevolmente, è pienamente democratico (art. 1 Cost.) se non è al
servizio dell’uomo. Se si considera l’esclusività sessuale, affettiva, spirituale della relazione, la
fedeltà diviene un valore assoluto? Doveri dei genitori e diritti dei figli non possono non trovare
cittadinanza in ogni luogo dove c’è una comunità di interessi e di affetti.

L’ASCOLTO DEL MINORE15

Art.155 sexies – “Poteri del giudice e ascolto del minore”
“Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all ‘articolo 155, il
giudice può assumere, a distanza di parti d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre,
l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove capace di
discernimento”.
Art 2 “Modifiche al codice di procedura civile”, L. 54/2006, ‘ Dopo il 3° comma, art. 708 c.p.c. è
aggiunto il seguente’: “contro i provvedimenti di cui al 3° comma si può proporre reclamo con
ricorso alla Corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto
nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento”.
Il parametro di tale relazione è il minore in quanto persona per definizione. Parametro significa che
l’adolescente entra nelle procedure giudiziarie non come oggetto del giudizio finale, ma negli stessi
rapporti processuali, per prendere consapevolezza dei progetti che lo riguardano. La caratteristica
dei procedimenti in oggetto è quella di tendere al contemperamento delle posizioni considerate di
diritto soggettivo con la tutela di interessi generali, la cui titolarità spetta a soggetti diversi dalle
parti contendenti. Quindi tutti i figli, anche quelli che non possono esprimersi per l’età, incapacità o
difficoltà della comunicazione, e anche quelli che non hanno un’apparente capacità di
discernimento, sono titolari del diritto stesso. Il minore è “sentito”, “percepito” nel suo bisogno
profondo, nelle sue paure più nascoste, nella disperazione delle lacerazioni, nella solitudine,
nell’abbandono, nella ricerca delle sue relazioni significative. Altro che affido esclusivo! Per
———-
15 Alcuni fondamentali riferimenti: Corte Costituzionale 1/2002 ( causa di nullità dei procedimenti mancato ascolto
del minore); Carta di Noto; Convenzione dei diritti del fanciullo di New York, 1989; Convenzione europea dei diritti dei
minori ( Strasburgo, 1996)

ottenere un ascolto autentico, è necessario che l’adulto disponga della capacità di ascoltare, che
presuppone l’integrazione della dimensione razionale cognitiva con quella emozionale. E’ necessario
quindi operare le dovute distinzioni tra ascolto, capacità di discernimento, capacità di esprimere
un’opinione, perché da tale diversificazione discende l’ulteriore distinzione tra diritto di essere
ascoltato e diritto di partecipare al processo: ovviamente cosa diversa è sentire. Se il diritto di
ricevere da entrambi i genitori cura e assistenza ( funzione duale) è ampiamente riconosciuto,
l’ascolto del minore non viene certo inteso quale mezzo istruttorio, ma come momento per dare
voce alle sue esigenze. Anche il termine audizione richiama l’idea di un atto processuale ben
preciso, ma un ascolto minorile non potrebbe mai inserirsi in dinamiche standardizzate e
procedurali: non vedo “scandali” nel riconoscimento della debolezza del soggetto bisognoso di
attenzioni. Nei procedimenti in cui si decide del suo affidamento, quale che sia il giudice
competente, il minore ha il diritto di essere da lui ascoltato. E’ evidente senza incertezze che
disporre significa ordinare.16 C’è anche da sottolineare tuttavia che, nonostante la sentenza n.
1/2002 della Corte costituzionale, tale principio trova ostacoli applicativi nei tribunali ordinari e non
sempre ben individuati i contorni dalla dottrina. Invece, da dottrina autorevole e avanzata sappiamo
che l’ascolto del minore è un momento essenziale per la formazione del convincimento del giudice,
e che la sua immotivata omissione costituisce causa di nullità dei procedimenti.
L’ascolto riguarda le sue opinioni, può essere anche “liberatorio” rispetto alle emozioni
manifestate, ad evitare cosiddetti danni “iatrogeni”. Occorre calarsi nella sua realtà, spingersi fin
dove è possibile, produrre un ascolto competente. Il giudice può assicurare, paradossalmente, “una
sorta di supporto” proprio a quelle “capacità” genitoriali al momento “paralizzate” dal conflitto.
Occorre acquisire competenze in ambito psicopatologico, porsi attivamente nella dinamica
relazionale empatica, dare voce e dignità a figli sempre più spesso devastati da lacerazioni di coppia
genitoriale. Ma anche quando si parla di ascolto, se ne parla con una valenza diversa a seconda
dell’ambito in cui viene svolto e del soggetto che si pone ad ascoltare. I minori non hanno bisogno
di avvocati difensori, ma della qualità delle relazioni umane. Basta un giudice a decifrare ciò che
“sentono”. Una cosa è, tra l’altro, l’ascolto del minore da parte del giudice, altra è l’ascolto del
minore nella CTU, altra ancora è l’ascolto indiretto da parte di un ausiliario psicologo del giudice,
altra, infine da parte del giudice onorario presso il tribunale dei minorenni .Deve, pertanto, dedursi
l’obbligatorietà dell’ascolto. Ciò non vuol dire che si debba procedere sempre e comunque: c’è prima
la valutazione discrezionale del giudice, con riferimento alla capacità di discernimento, valutazione
che va fatta in concreto; per poi passare ad una motivazione, laddove il giudice stesso ritenga di non
———-
16 Maria Francesca Pricoco, Sull’ascolto del minore, “Affidamento condiviso” 2, 2007, gennaio, [consultato in data 30/04/2010>

procedere all’ascolto. L’incontro con il giudice è importante nell’immaginario del ragazzino. Egli
alimenta delle aspettative: le figure autorevoli esercitano un’influenza positiva sugli adolescenti. Il
giudice può potenziare quella “propositività”, “tollerando” in modo sensibile il tipico egocentrismo
degli adolescenti.
E’ giusto che vi sia un’udienza nella quale vengano spiegate alle parti le finalità dell’ascolto. E’
opportuno che il giorno fissato per l’incontro intervengano anche i difensori e le parti. In fondo, i
genitori possono cogliere qualcosa di importante in tutto questo (per esempio, che gli interessi dei
minori assumono un’importanza centrale nelle loro vicende). E se non si può delegare al minore la
scelta dell’esercizio di un diritto personalissimo, un elemento importante da considerare per i
genitori è che i figli sono i loro figli, per i figli i genitori sono i loro genitori.
Forse solo una specializzazione dei tribunali che trattano la materia della famiglia e dei minori e una
unificazione delle competenze potranno aiutare la crescita di una sensibilità culturale comune nella.
materia della famiglia e dei minori al passo con l’evoluzione della società e dell’ Europa. Servirebbe
un tribunale unico, centrato sull’ascolto e sulla persona del figlio minore, con analisi attente al suo
malessere e benessere, al grado di esposizione alla conflittualità, alla presenza e carenza di capacità
genitoriali nelle situazioni di maggiore debolezza per garanzie e tutele ( famiglia di fatto).
Occorrerebbe che l’abolizione del doppio canale processuale fosse uniforme all’abolizione del
doppio canale sostanziale. Il CSM ha distinto ascolto diretto e ascolto indiretto, quest’ultimo è
seguito dal consulente tecnico. In relazione all’ascolto del minore dinanzi al tribunale per i
minorenni, il CSM rileva che in questa sede i giudici sono più favorevoli all’ascolto diretto: non va
dimenticato che in questo tribunale i giudici sono maggiormente dotati di competenze
specifiche.).17 Se la legge riconosce il diritto del minore di essere ascoltato dal giudice, quest’ultimo
deve acquisire un’adeguata formazione. Il giudice dunque deve:

  • disporre di sufficienti elementi di conoscenza della situazione personale del minore;
  • assicurarsi che egli abbia tutte le informazioni e riesca a discernere con sufficiente lucidità e
    chiarezza malgrado il coinvolgimento emotivo;
  • lasciare libero il minore di esprimere in modo assolutamente spontaneo la sua opinione,
    “inducendolo” a parlare in estrema serenità, e tranquillizzandolo sul fatto che il suo diritto
    sarà assolutamente rispettato, senza alcun uso strumentale;
  • comprendere la capacità del minore di esprimere le proprie esigenze attraverso l’espressione
    di una decisione convinta;

———-
17 Pompilia Rossi, Audizione del minore nei procedimenti di separazione e divorzio, “Aipg nesletter”, 2009, 38, p. 3-6

L’ascolto diretto, è consigliabile, tra gli strumenti più idonei per soddisfare queste esigenze. Gli
adolescenti parlano con chi si cala nella loro realtà e con chi parla il loro linguaggio.
Considerato che non c’è un regola generale, e che non sono indicate modalità e tecniche d’ascolto,
dando se pur parzialmente riscontro alle problematiche su esposte a titolo esemplificativo, ecco
alcuni frammenti del Protocollo L. 2006/54 sull’ascolto del minore di Milano e sulle sue modalità:

  • ascolto diretto;
  • evitare il più possibile strumentalizzazioni, specie in situazioni di alta conflittualità;
  • obbligatorio l’ascolto nei procedimenti contenziosi, facoltativo o da escludere negli altri;
  • luogo idoneo;
  • informazione: il giudice spiegherà al minore le ragioni dell’incontro e che i contenuti
    potrebbero essere importanti per le decisioni del giudice stesso, ma certo non per la
    decisione della causa;
  • non pare opportuna la presenza delle parti e dei difensori;18
  • verbalizzazione dell’ascolto: in mancanza di un cancelliere, la prassi è quella di una
    verbalizzazione riassuntiva effettuata in un momento successivo e il minore potrà leggere e
    firmare.
    La norma, dettata per i procedimenti di separazione, si applica “anche in caso di scioglimento,
    cessazione degli effetti civili, nullità del matrimonio, non che ai procedimenti relativi ai genitori
    non coniugati, dal momento che il legislatore intende dettare una disciplina uniforme dei
    procedimenti inerenti la separazione, il divorzio di genitori coniugati e dei procedimenti relativi alla
    cosiddetta famiglia di fatto“,19 che riguardano la regolamentazione della cessazione della
    convivenza della coppia genitoriale, secondo l’evoluzione culturale di un pensiero che intende
    collocare la funzione della responsabilità genitoriale in condizione di pariteticità ed indipendenza
    dalla coniugalità, ma che lascia insoluti tanti problemi. Prosegue un cammino che nel nostro
    ordinamento aveva visto l’ascolto del minore capace di discernimento diventare obbligatorio, prima
    nelle procedure dei adozione e di affidamento familiare, poi per un intervento della Corte
    costituzionale nei procedimenti relativi all’esercizio della potestà dei figli, di cui all’art. 336 cc. È
    ora in tutti i procedimenti di scissione della coppia genitoriale in cui devono assumersi
    provvedimenti che interessano i figli; provvedimenti nei quali, in precedenza, valeva il principio
    che i minori fossero sentiti solo qualora il giudice lo ritenesse strettamente necessario in
    considerazione della loro età. Affinché possa essere valido, qualsiasi metro di misurazione deve

———-
18 Dottrina contraria: Gabriella Contiero, L’affidamento condiviso, cit., p.215.
19 U. Fornari, Trattato di psichiatria forense, cit. , p. 684

essere esatto. L’adulto, dunque, deve recuperare la primaria capacità di comunicazione della vita,
quando empaticamente si incontra con l’altro. L’adulto deve essere capace di stare dentro la
relazione, fuori la relazione, imparziale e autorevole allo stesso tempo, buono e semplice in ogni
caso. L’adulto, in possesso di un “patrimonio” di capacità, di decodificazione della comunicazione
dell’adolescente, può sicuramente, anzi deve, utilizzare “l’apprendimento” della relazione e dello
scambio, per contribuire positivamente con la sua presenza e la sua interazione . Torna quel bisogno
di aprire le porte della giustizia a un maggiore rispetto di un agire al servizio dell’essere umano e di
una vera convivenza.20 Il movimento dell’esperienza empatica è regolato innanzitutto dal fatto che
l’altro esiste con le sue esperienze. “Vivere l’emozione dell’altro vuol dire scoprirsi di un colpo
dentro la relazione”. 21
Scrive Laura Boella: “l’empatia è un atto unitario” Poi aggiunge: “Occorre fare emergere le
modalità che spiegano come nell’incontro dei corpi e nello sguardo gettato verso il sentire, le qualità
e i valori dell’altro, reso possibile dal fenomeno dell’espressione, posso venire effettivamente il
passaggio all’esperienza altrui”. Cogliere l’espressione significa conoscere l’altro.”Cogliere la
tristezza dell’amico presuppone un incontro tra due soggetti e uno scambio di esperienza . Si è visto
che l’incontro è uno strano movimento di apertura verso l’altro e insieme di scoperta di campi più
ampi di esperienza sensoriale”. Vivere un sentimento dell’altro è capire ciò che l’altro prova . Non si
ritrova se stessi , non si condivide soltanto, ma si piantano “semi per nuove piante”. Occorre fare
attenzione ai movimenti del corpo che parlano prima della comunicazione verbale.22
Essere lì nella relazione comporta vivere nell’esperienza dell’altro.
Un libro sui giovani si interroga su un aspetto essenziale del problema: perché i giovani, anche se
non sempre ne sono consci, stanno male? E se sono pervasi dal nulla?23 Si affaccia all’orizzonte un
altra tipologia di disagio, che non è solo esistenziale ma culturale. I valori ci sono, ma sono sbiaditi,
rischiano di perdere valore oltre che colore. Si sostiene che solo a scuola gli adolescenti si sentono
ascoltati, ma nel riso di un giovane molti professori non sanno riconoscere lo spunto della gioia o la
smorfia della tragedia imminente. Abbiamo detto che educare è solo una conseguenza dell’istruire:
ma allora occorre perseguire sempre e soltanto un idea di “profitto” ? .Abbiamo visto come
l’identità si costruisca sopratutto con il riconoscimento dell’altro. In assenza di gratificazione,
restano rabbia, frustrazione, rimozione, sofferenza, con la variante che l’adolescente non ha gli
strumenti per affrontare tutto ciò e il suo futuro vacilla ogni giorno della sua vita. L’adolescente che
varca la porta delle istituzioni troverà risposta alle sue emozioni, alla sua creatività, alle sue paure,
alle sue identificazioni, alle sue proiezioni, ai suoi piaceri? Saprà affrontare i dolori, penserà di
———-

essere esatto. L’adulto, dunque, deve recuperare la primaria capacità di comunicazione della vita,
quando empaticamente si incontra con l’altro. L’adulto deve essere capace di stare dentro la
relazione, fuori la relazione, imparziale e autorevole allo stesso tempo, buono e semplice in ogni
caso. L’adulto, in possesso di un “patrimonio” di capacità, di decodificazione della comunicazione
dell’adolescente, può sicuramente, anzi deve, utilizzare “l’apprendimento” della relazione e dello
scambio, per contribuire positivamente con la sua presenza e la sua interazione . Torna quel bisogno
di aprire le porte della giustizia a un maggiore rispetto di un agire al servizio dell’essere umano e di
una vera convivenza.20 Il movimento dell’esperienza empatica è regolato innanzitutto dal fatto che
l’altro esiste con le sue esperienze. “Vivere l’emozione dell’altro vuol dire scoprirsi di un colpo
dentro la relazione”. 21
Scrive Laura Boella: “l’empatia è un atto unitario” Poi aggiunge: “Occorre fare emergere le
modalità che spiegano come nell’incontro dei corpi e nello sguardo gettato verso il sentire, le qualità
e i valori dell’altro, reso possibile dal fenomeno dell’espressione, posso venire effettivamente il
passaggio all’esperienza altrui”. Cogliere l’espressione significa conoscere l’altro.”Cogliere la
tristezza dell’amico presuppone un incontro tra due soggetti e uno scambio di esperienza . Si è visto
che l’incontro è uno strano movimento di apertura verso l’altro e insieme di scoperta di campi più
ampi di esperienza sensoriale”. Vivere un sentimento dell’altro è capire ciò che l’altro prova . Non si
ritrova se stessi , non si condivide soltanto, ma si piantano “semi per nuove piante”. Occorre fare
attenzione ai movimenti del corpo che parlano prima della comunicazione verbale.22
Essere lì nella relazione comporta vivere nell’esperienza dell’altro.
Un libro sui giovani si interroga su un aspetto essenziale del problema: perché i giovani, anche se
non sempre ne sono consci, stanno male? E se sono pervasi dal nulla?23 Si affaccia all’orizzonte un
altra tipologia di disagio, che non è solo esistenziale ma culturale. I valori ci sono, ma sono sbiaditi,
rischiano di perdere valore oltre che colore. Si sostiene che solo a scuola gli adolescenti si sentono
ascoltati, ma nel riso di un giovane molti professori non sanno riconoscere lo spunto della gioia o la
smorfia della tragedia imminente. Abbiamo detto che educare è solo una conseguenza dell’istruire:
ma allora occorre perseguire sempre e soltanto un idea di “profitto” ? .Abbiamo visto come
l’identità si costruisca sopratutto con il riconoscimento dell’altro. In assenza di gratificazione,
restano rabbia, frustrazione, rimozione, sofferenza, con la variante che l’adolescente non ha gli
strumenti per affrontare tutto ciò e il suo futuro vacilla ogni giorno della sua vita. L’adolescente che
varca la porta delle istituzioni troverà risposta alle sue emozioni, alla sua creatività, alle sue paure,
alle sue identificazioni, alle sue proiezioni, ai suoi piaceri? Saprà affrontare i dolori, penserà di
———-

essere esatto. L’adulto, dunque, deve recuperare la primaria capacità di comunicazione della vita,
quando empaticamente si incontra con l’altro. L’adulto deve essere capace di stare dentro la
relazione, fuori la relazione, imparziale e autorevole allo stesso tempo, buono e semplice in ogni
caso. L’adulto, in possesso di un “patrimonio” di capacità, di decodificazione della comunicazione
dell’adolescente, può sicuramente, anzi deve, utilizzare “l’apprendimento” della relazione e dello
scambio, per contribuire positivamente con la sua presenza e la sua interazione . Torna quel bisogno
di aprire le porte della giustizia a un maggiore rispetto di un agire al servizio dell’essere umano e di
una vera convivenza.20 Il movimento dell’esperienza empatica è regolato innanzitutto dal fatto che
l’altro esiste con le sue esperienze. “Vivere l’emozione dell’altro vuol dire scoprirsi di un colpo
dentro la relazione”. 21
Scrive Laura Boella: “l’empatia è un atto unitario” Poi aggiunge: “Occorre fare emergere le
modalità che spiegano come nell’incontro dei corpi e nello sguardo gettato verso il sentire, le qualità
e i valori dell’altro, reso possibile dal fenomeno dell’espressione, posso venire effettivamente il
passaggio all’esperienza altrui”. Cogliere l’espressione significa conoscere l’altro.”Cogliere la
tristezza dell’amico presuppone un incontro tra due soggetti e uno scambio di esperienza . Si è visto
che l’incontro è uno strano movimento di apertura verso l’altro e insieme di scoperta di campi più
ampi di esperienza sensoriale”. Vivere un sentimento dell’altro è capire ciò che l’altro prova . Non si
ritrova se stessi , non si condivide soltanto, ma si piantano “semi per nuove piante”. Occorre fare
attenzione ai movimenti del corpo che parlano prima della comunicazione verbale.22
Essere lì nella relazione comporta vivere nell’esperienza dell’altro.
Un libro sui giovani si interroga su un aspetto essenziale del problema: perché i giovani, anche se
non sempre ne sono consci, stanno male? E se sono pervasi dal nulla?23 Si affaccia all’orizzonte un
altra tipologia di disagio, che non è solo esistenziale ma culturale. I valori ci sono, ma sono sbiaditi,
rischiano di perdere valore oltre che colore. Si sostiene che solo a scuola gli adolescenti si sentono
ascoltati, ma nel riso di un giovane molti professori non sanno riconoscere lo spunto della gioia o la
smorfia della tragedia imminente. Abbiamo detto che educare è solo una conseguenza dell’istruire:
ma allora occorre perseguire sempre e soltanto un idea di “profitto” ? .Abbiamo visto come
l’identità si costruisca sopratutto con il riconoscimento dell’altro. In assenza di gratificazione,
restano rabbia, frustrazione, rimozione, sofferenza, con la variante che l’adolescente non ha gli
strumenti per affrontare tutto ciò e il suo futuro vacilla ogni giorno della sua vita. L’adolescente che
varca la porta delle istituzioni troverà risposta alle sue emozioni, alla sua creatività, alle sue paure,
alle sue identificazioni, alle sue proiezioni, ai suoi piaceri? Saprà affrontare i dolori, penserà di
———-
20 Paola Ronfani, Le buone ragioni a sostegno della pratica dell’ascolto, “Minorigiustizia”, 2006, n. 3, p. 144-147.
21 Laura Boella, Sentire l’altro: conoscere e praticare l’empatia. Milano: Raffaello Cortina,2006, p.21.
22
Ivi, p. 54.
23 Vedi Umberto Galimberti, L’ospite inquietante: il nichilismo e i giovani. Milano: Feltrinelli, 2008

essere in grado di realizzare i desideri che costellano la sua crescita? Meno si coinvolge l’anima, più
si risparmia dal punto di vista emotivo (operazione a somma zero). Segue la diffidenza verso
l’adulto, quando l’adolescente percepisce che la propria psicologia è estranea a quella dell’altro;
“non intratur in veritatem nisi per charitatem”.
Qualunque sia il filone privilegiato, resta il fatto che l’adolescenza è una fase difficile di profondi
mutamenti. La confusione, i mutamenti sentimentali sembrano dominare l’adolescente. Abbiamo
visto come secondo Erikson (1968) l’adolescente sia diviso tra identità e diffusione di identità. Non
a caso, per trasmettere a un adolescente la richiesta dell’adulto di impegnarsi nella valorizzazione
del Sé, è sufficiente l’espressione del concetto attraverso il linguaggio metaforico: “sali sul
palcoscenico della tua vita”. La vita adolescenziale è pur sempre
“una vita teatrale”. Lo stesso Freud (1905) aveva parlato di distacco dall’autorità genitoriale,
sottolineando l’importanza del conflitto tra generazioni per il progresso civile. Nel corso delle
prime fasi del processo adolescenziale, “si mette in mora il super-io”, e si fanno avanti gli ideali
dell’io. Si verifica un nuovo assetto familiare, causa l’imporsi sulla scena “delle dinamiche
esistenziali”, e un nuovo tipo di “regolamento”: la famiglia affettiva. Come autorevolmente si
sottolinea, i genitori oggi sembrano “trasmettere amore più che regole e principi astratti”.24
È chiaro che se l’adolescente obbedisce più per amore che paura delle sanzioni, sviluppa più
facilmente il suo essere emotivo nelle relazioni, e quindi la significatività della sfera affettiva. Si va,
però, ridimensionando l’impegno educativo per l’apprendimento di vincoli normativi.
L’impegno dei genitori, determinato oggi da un tessuto familiare più problematico, è quello di
trasmettere ai figli un’aura di felicità nella quale vivere piuttosto che un contributo al potenziamento
dell’Io e alla valorizzazione delle sue risorse per far fronte la problematicità. Tale fine viene
perseguito “abbassando in modo cospicuo, rispetto alla famiglia etica, il tasso di dolore mentale che
la coppia genitoriale pensa si possa somministrare al figlio a scopo educativo”. I figli della famiglia
affettiva giungono perciò ad affrontare le tempeste del processo adolescenziale con una
modestissima “esperienza del dolore”.25
Un’altra scelta ricca di conseguenze dei genitori “affettivi” consiste nel ridurre il rischio di ferite
narcisistiche. Per usare una interpretazione di tipo freudiano, siamo ben lontani da uno sviluppo
“edipico”, ma sicuramente più orientati allo sviluppo di adolescenze narcisistiche depressive. Scarsa
motivazione, noia e tristezza, scarsità di interessi, hanno sicuramente sostituito rabbia e senso di
colpa. La conflittualità genitoriale è non poco responsabile di questa realtà adolescenziale: è
irrinunciabile il contributo di psicologi e psichiatri, se si vuole riconoscere la frammentazione di
———-
24 Gustavo Pietropolli Charmet, I nuovi adolescenti: padri e madri di fronte a una sfida. Milano: Raffaello Cortina,
2000.
25 Ivi, p. 44

realtà sociali altrimenti idonee alla formazione dell’essere in divenire.
Stranamente, l’adolescente manifesta un bisogno profondo di referenti verticali (adulti competenti).
Ha fame e sete di adulti capaci di trasmettere nelle relazioni affettive, contenuti motivanti, frutto
quest’ultimi dell’esperienza di vita dell’adulto, oltre che delle sue competenze. Egli a questi adulti
confida i suoi segreti più nascosti, cerca gli adulti ai quali confidare questi segreti. Pone loro
domande cruciali per la crescita, tesse relazioni con adulti competenti. “L’adulto destinato a
legittimare aspetti cruciali anche se segreti o comunque clandestini della crescita adolescenziale è
super investito alla pari di un idolo ed è segretamente temuto, atteso e per certi versi odiato proprio
perché suscita dipendenza e attesa di legittimazione”.26
Per sua natura, l’adolescente non può dunque scegliere, può solo scegliere l’adulto al quale
indirizzare le sue richieste. È nell’ambito della separazione che si annidano le maggiori violenze
psicologiche a danno del figlio, evidentemente a causa di perverse strategie realizzatesi in seno alla
coppia. Ciò si manifesta in modo nascosto e inconsapevole agli stessi protagonisti (l’adolescente
conteso). Se è così, occorre anche socialmente intervenire su di una nuova emergenza sociale:
l’emergenza “rischi sui figli determinati dai conflitti di coppia”. Se l’ascolto tecnico, con i suoi
acquisiti elementi cognitivi, emozionali e razionali, non trova sbocco costruttivo per intervenire
nella dinamica del conflitto, risulta inutile.

COMMENTARIO BREVE DI GIURISPRUDENZA

Attualmente, la giustizia minorile è amministrata dal Tribunale per i minorenni, istituito con r.d.l. 29
luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla l.27 maggio 1935, n. 835, più volte
modificato, da ultimo con d.P.R. 22 luglio 1988, n. 448 sul processo penale minorile.
L’Italia, infatti, è stata tra gli ultimi paesi europei a costituire un organo giurisdizionale specializzato
in materia minorile. Tale organo venne attivato dalla scuola di Lombroso, data la particolarità dei
minori di rispondere in modo cosciente alle leggi penali. I minori erano considerati ragazzi traviati
da rieducare (vedi sopra). Il progetto venne completato dal regime fascista, che li riteneva
bisognevoli di cure rieducative per il reinserimento in società. Il lungimirante legislatore del 1942
introdurrà giudici onorari di sesso femminile. Ma sarà soltanto nel 1960 che il tribunale dei
minorenni verrà gradualmente ad assumere funzioni nell’ambito del costituendo nuovo diritto di
famiglia. È a questo punto che gli operatori della giustizia incominciano a farsi più sensibili alle
scienze umane, psicologiche, pedagogiche, sociali, finalizzate alla creazione di un più adeguato
“bagaglio”.
———-
26 Ivi, p. 45.

Ma la rivoluzione psichiatrica operata molto prima da Pinel (1725-1826) spostò il discorso in favore
dell’allora nascente scienza medico-psichiatrica moderna e pose le premesse per occupare nel foro
quella “terra di nessuno”, in cui l’avevano fatta sempre “da padroni” i giuristi e, nel dibattito teorico,
i filosofi ( Kant). Potere ecclesiastico, giuridico e filosofico avevano infatti imposto, nel tempo, il
loro indiscusso e dogmatico primato nel trattare di argomenti e di temi psichiatrici specie forensi.27
Queste brevi considerazioni solo per ricordare come il Tribunale per i minorenni sconti ancora oggi
l’antico peccato di occuparsi, se pur in modo più specializzato, di una versione riveduta e aggiornata
del minore da “curare”, ma non dell’uso strumentale della psicopatologia in funzione formante e
non solo “specializzante”.
Secondo le risposte fornite nel 2001 da un campione di magistrati a un questionario
dell’Associazione nazionale magistrati (nell’ambito di una ricerca sulle prassi nelle cause di
separazione e divorzio),28 nella fase presidenziale dei procedimenti di separazione, i figli minori
vengono sentiti spesso soltanto dal 6% degli intervistati, raramente dal 74% , mai dal 16%. Il
residuo 4% si riferisce a mancate risposte .L’ascolto avviene sempre in maniera protetta nel 3,7%
del campione; spesso nel 3,7%, raramente nel 14,8%, mai nel 77,8%. Mancano i dati relativi al
procedimento di divorzio, nel quale, a differenza del procedimento di separazione personale,
l’audizione del minore era prevista sin dalla legge del 1970. Va sottolineato che alla data della
ricerca dell’ ANM dodici anni erano passati dalla firma della Convenzione ONU sui diritti del
fanciullo, (47,2% delle risposte). e dieci dalla legge di ratifica. L’impatto delle convenzioni
internazionali e delle solenni raccomandazioni è stato pressoché nullo per i tribunali ordinari. La
fase presidenziale del procedimento di separazione personale, certamente più idonea ad un ascolto
del minore per la sua ridotta formalità, non è stata utilizzata adeguatamente a quello scopo. In altri
termini, un’occasione preziosa per l’ascolto del figlio minore è stata assolutamente sprecata. Non
diverso il panorama alla fase della trattazione. Il motivo più ricorrente è quello dell’opportunità ai
fini della decisione sull’affidamento (88,7%). Solo il 4,3% indica il motivo di “considerare il punto
di vista del minore ultradodicenne” e in pari misura quello di accertare la volontà del minore
adolescente”. L’ascolto è effettuato direttamente dal giudice nel 46,7% del campione , raramente
con l’aiuto di uno specialista
Il minore viene sempre ascoltato dal CTU per il 10% del campione; spesso per il 32,4%; raramente
per il 35,5%; mai per il 21,6%. Per quanto riguarda poi l’intervento del PM e la sue rilevanza ai fini
della difesa degli interessi del minore (argomento particolarmente caro alla giurisprudenza in
materia), dalla ricerca sopra citata emerge che nell’88,7% delle risposte egli non si esprime (43,2%)
———-
27 Vedi Ugo Fornari, Trattato di psichiatria forense, cit.
28 Andrea Di Francia, Fabio Dalla Giacoma, I diritti dei minorenni nella giurisprudenza, cit

o esprime raramente (5,%) un parere sui provvedimenti presidenziali adottati nell’interesse del
minore. Può bastare come fotografia della giustizia italiana.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

La rilevanza o l’irrilevanza, per l’ordinamento e per la società, dei rapporti che nascono all’interno
della famiglia non è rimessa alla valutazione e alla volontà dei singoli soggetti, stante che diritti e
doveri devono trovare lo stesso riconoscimento in ogni unione familiare.29
Il rapporto è significativo per ogni legittima unione.
La prospettiva individuale è studiata in quella relazionale.
Rileggere l’adolescente come soggetto socialmente costruito nell’impresa congiunta genitori e figli.
Trasmettere strumenti all’adolescente nella sua autonoma ricerca dell’Io.
Leggere l’adolescente nella costruzione del suo Io nelle relazioni.
Leggere l’adolescente nella sua capacità di risolvere i conflitti, ma senza alimentarli.
Il processo educativo diventa, per i genitori, gestione delle conflittualità e delle ansie.
Il compito delle istituzioni è reinterpretare i valori costituzionali esistenti, in modo da produrre
efficacemente ed efficientemente “costruzione umana”.
La riforma del tribunale della famiglia dovrebbe essere una riforma (avviata da Lombroso e da
concludersi) centrata sul figlio di una famiglia fatta di persone.

ANALISI DI UN CASO

Premessa
Il giudice può disporre l’affidamento esclusivo laddove ravvisi che l’affidamento condiviso vada
contro l’interesse del figlio.
Fatto
Con ricorso depositato il………., A.R chiedeva pronunciarsi separazione giudiziale con addebito alla
moglie A.B., deducendo che, dopo la nascita del figlio, il matrimonio era fallito per una relazione
extraconiugale, chiedendo l’affidamento condiviso del figlio minore e l’addebito di responsabilità.
Si costituiva l’altra parte con domanda riconvenzionale per l’addebito, chiedendo l’affidamento
esclusivo del figlio minore e un congruo assegno di mantenimento per sé e il figlio, ritenendo essere
———-
29 Vedi C. Massimo Bianca, Diritto civile, v. 2: la famiglia, le successioni, 4. ed. riv. e aggiorn. Milano: Giuffrè, 2005

il marito violento e prevaricatore.

Diritto
Con la Novella del 2006, come è stato ampiamente detto, sono stati rafforzati il principio della
bigenitorialità e la visione allargata della famiglia, lasciando l’affidamento esclusivo da valutarsi da
parte del giudice adito come ipotesi, laddove l’affidamento condiviso possa essere contrario
all’interesse del minore. Nulla viene disposto sull’audizione del figlio minore (all’epoca di quasi
dodici anni).
Decisione del giudice ( breve sintesi)
Pur essendo stato accertato il buon rapporto tra il padre e il figlio minorenne, i giudici hanno
ritenuto di non dover concedere l’affidamento condiviso, in considerazione della persistente
conflittualità tra i genitori, i cui contrasti sarebbero arrivati a screditare, reciprocamente, l’uno la
capacità genitoriale dell’altro. Costituirebbe poi motivo di affidamento esclusivo alla madre l’ovvia
esigenza di continuità ed in relazione ad una più costante presenza della stessa, casalinga,
auspicabile attesa l’età del figlio.
( Corte d’Appello Napoli)

RICORSO PER SEPARAZIONE GIUDIZIALE (art. 151 c.c.)

Al Presidente del Tribunale di………
…nato a ..il…………ivi residente in via…………n…rappresentato e difeso dall’Avv Anna Di Domenico
ed effettivamente domiciliato presso il suo studio in ….via Casetti, 21, Domodossola come da
mandato a margine del presente atto
premesso

  • che in data ..ha contratto matrimonio concordatario con il sig ……..trascritto in…………
  • che i coniugi sono in regime di comunione dei beni
  • che dal matrimonio è nato Francesco che ha dodici anni
  • che sono emerse divergenze dai coniugi tali da rendere intollerabile la prosecuzione della
    convivenza
  • che la moglie ha violato i doveri di fedeltà e assistenza materiale e morale di cui all’art.143
    c.c
  • che il ricorrente deve versare euro……..a titolo di mantenimento del figlio
  • che intende versare euro …….per gli alimenti alla moglie in quanto sprovvista di mezzi con
    addebito di separazione
  • che la casa coniugale venga assegnata al ricorrente, in quanto di sua di proprietà
  • che venga riconosciuto l’affidamento condiviso del figlio minorenne e in subordine l’affido
    esclusivo all’istante, in quanto la madre si è rivelata inidonea a provvedere all’educazione del
    figlio, violando i doveri di cui all’art. 147 c.c.

Tutto ciò premesso come sopra rappresentato e difeso
chiede
che il Presidente del Tribunale di…………voglia fissare l’udienza di comparizione personale coniugi
davanti a sé per il tentativo e per sentir proporre dal Ricorrente marito la separazione alle seguenti
condizioni..
che il figlio Francesco resti affidato ad entrambi i coniugi con modalità da concordare, in subordine
al padre premessi i dovuti rilievi di CTU
che venga disposto l’ascolto e fissata l’udienza per la comparizione delle parti
che venga disposta l’assegnazione della casa al ricorrente.
A carico del ricorrente dovrà essere posto un assegno di mantenimento pari a………………..
addebito di separazione alla moglie A.B.

APPENDICE: POSSIBILI APPROFONDIMENTI PER UN ASCOLTO DI QUALITÀ

Comunicare è saper ascoltare
Il silenzio è comunicazione
Il sorriso dell’ascoltatore è energia rinforzante
Il richiamo ai contenuti personali rinforza la relazione
L’Ascolto è interattivo e sistemico
E’ essenziale l’informazione

La comunicazione corporea va appresa tanto quanto la comunicazione verbale.

  • Le espressioni vanno calate nel contesto familiare e culturale in cui il minore vive.
  • La comunicazione verbale:
    a) va decodificata in tutti i suoi aspetti: linguistico-cognitivo-emozionale-sociale, ecc.;
    b) è efficace se, comprendendo l’unità funzionale “gesto-parola”, si entra nella relazione e
    se presuppone: empatia-sincerità-parità-rispetto;
    c) è competente se si avvale delle conoscenze delle scienze psicologiche, della psicopatologia e
    dell’esperienza; se permette la decodificazione anche per espressioni complesse e confuse;
    se si evitano espressioni suggestive o tendenziose, che condizionano la narrazione;
    d) è percettiva se le osservazioni sui contenuti sono veritieri;
    e) è corretta se il minore esprime adeguate capacità d’intendere e di volere (discernimento, come
    comprensione del senso della decisione e dell’evento, con un adeguato grado di maturità
    intellettiva e psicologica);
    f) è pertinente se dà dignità ai bisogni del minore;
    g) è profonda se il minore, con spontaneità, esprime i suoi segreti, dando fiducia all’adulto.
  • L’Ascolto:
    a) affinché sia rispettoso dei diritti personalissimi del minore, deve essere affrontato e reso fattibile
    dal giudice anche quando il soggetto risulti privo di capacità di discernimento;
    b) affinché sia rispettoso dell’interesse del minore, non deve prevedere la presenza degli avvocati
    e non può prevedere la presenza di altre persone oltre il giudice;
    c) affinché sia rispettoso di una idonea organizzazione, deve presupporre il consenso delle parti sui
    tempi e le modalità;
    d) affinché sia rispettoso delle necessità del minore, deve portare, senza condizionamenti, alla
    formazione del personale convincimento del giudice;
    e) affinché sia significativo, è fondamentale che le opinioni espresse dal minore sostengano il
    giudice in merito alle valutazioni che quest’ultimo dovrà maturare, risultino ininfluenti sull’esito
    oggettivo del procedimento in corso, ma importantissime per una gestione della conflittualità
    adeguata ai bisogni del soggetto in crescita, alle sue aspettative, ai suoi desideri, alle sue esigenze di
    vita.
    …………La lealtà e la forza interiore sono i sentimenti
    che vi permetteranno di avere nuove relazioni:
    I Ching

BIBLIOGRAFIA

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